Ci aveva provato, cazzo, a seminare una pianta di sogni, ma poi l’intelligenza per prendersene cura gli si sgretolava nella testa.
I sogni sono belli a vedersi.

Quelli degli altri.
Quelli piccoli di quando eri piccolo.
Adams se li sarebbe pure fumati, i sogni, se quella pianta fosse riuscito a farla crescere. Ma Adams si ammutinava.
Lui era il capitalismo di se stesso.
I calcoli delle ore dei suoi turni di lavoro galoppavano di numeri sui fogli pur colorati dei suoi taccuini, in cui incolonnava il flusso del danaro, le ore per il cimitero e le precise dosi di ansiolitico.
Poi se il foglio lo giravi, ci stava scritta la lista delle cose facili e luccicanti. Ma lui quella non la guardava mai.
Alina Delle Rose quando lui passava glielo chiedeva:
Adams, avete lasciato le briciole ai passeri, oggi?
Adams, avete usato il profumo al sandalo che vi avevo detto?
o ancora
Adams, avete cucinato le rape dell’orto della vostra vicina?
Adams sorrideva stretto e rispondeva nella sua testa: no, Alina mia, gli uccelli hanno cancellato la rotta del mio balcone, il profumo è ancora chiuso nella bottiglietta, e delle rape è passato il tempo.
Nella vita di Adams tutto il resto c’era, scorreva, gli lanciava gocce fresche e sassolini. Lui quel respiro non lo riconosceva. Figurarsi rincorrerlo festoso.
Alina e il suo banco di fiori si spostarono sull’altra riva del Reno.
Anche lei decise che era meglio cambiare rotta, come gli uccelli senza la festa del pane.

 

Testo di Antonella Petrera per il laboratorio di scrittura online e interattivo Aria!

foto: Sara Comberiati

 

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