Lentezza
“Presto, che è tardi!”
La mano di sua madre strattona il piccolo Claudio e lo riporta sulla Terra, dove è costretto ad abbandonare le sue fantasticherie.
“Non hai ancora finito di mangiare?! Sbrigati”
La voce di suo padre arriva da un luogo lontanissimo, e quello spaghetto che ciondolava tra le sue labbra, viene risucchiato all’improvviso e in tutta fretta.
Fretta, sempre questa fretta.
Quando era piccolo, aveva persino dubitato che il suo nome fosse davvero Claudio, e non magari “Prestochetardi”. Claudio era sempre stato lento.
Era lui, era così.
E non c’è nulla di male in fondo, anche se tutto intorno il mondo urla che sei strano, che non vai bene, perché devi essere efficace e produttivo, devi usare e poi gettare, devi andare di corsa.
Andare dove, poi…
Ma Claudio è cresciuto.
E rivendica il suo diritto di essere lento.
Stamattina Claudio non consuma rapidamente le notizie tristi alla radio, per poi correre a lavoro; ma si ferma a pensare ad ogni singolo protagonista di queste storie, e fa una preghiera per loro.
Poi va in un museo (adora la pittura), ma invece di farsi scorrere davanti tutti i quadri come se fosse in un treno, decide di soffermarsi solo su un’opera, e di ammirarla prendendosi tutto il suo tempo.
Dopodiché cammina per la città, e lascia che le sue gambe lo portino lontano, senza una meta.
La sera, non ingurgita pane e Netflix, ma assapora parola per parola le pagine del suo libro, e legge per tutta la notte, incurante della sveglia che di lì a poco suonerà.
Perché il bello della vita non è arrivare prima, ma godersi il viaggio.
Testo di Marilisa De Giglio per il nostro laboratorio di scrittura
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